Religione Ortodossa

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    Vediamo subito le differenze più importamti tra la religione ortodossa e la religione cattolica.

    L' aggettivo " ortodossa " ( di retta fede ) fu usato dalle comunità orientali nei primi secoli, perchè ritenevano di conservare in modo corretto la dottrina degli apostoli.
    Gli ortodossi si separarono da Roma in seguito allo Scisma d'Oriente (XI sec.), perchè erano contrari alla supremazia del papa su tutta la cristianità. Gli ultimi papi hanno aperto un dialogo tra la chiesa ortodossa e la chiesa cattolica. Gli ortodossi insegnano che lo Spirito Santo procede soltanto dal Padre; negano l'esistenza del purgatorio; non riconoscono il dogma dell'Immacolata Concezione. Per quanto riguarda i sacramenti poche sono le differenze con Roma. Il divorzio è ammesso e i sacerdoti possono sposarsi. Le cerimonie religiose vengono celebrate con grande fasto e solennità. Le preghiere sono collettive e il canto corale è molto importante. I cattolici possono ricevere la comunione durante i riti ortodossi. L'arte iconografica raffigura in particolare Gesù, Maria e i Santi dipinti su tavolette di legno.
    L'Ortodossia è rappresentata in massima parte da una serie di Chiese Autocefale, che pur essendo in piena Comunione sacramentale e canonica tra loro, agiscono indipendentemente l'una dall'altra. Vi sono poi alcune chiese autonome e semiautonome che hanno un notevole grado di autogoverno ma non possono definirsi autogovernantesi se non altro perché l'elezione del loro Primate viene formalmente approvata dal Sinodo della Chiesa Autocefala da cui dipendono.

    Va tuttavia specificato che non mancano all'interno dell'ecumene ortodossa tutta una serie di situazioni oggetto di controversie giurisdizionali, talora tali da porre in crisi la comunione di qualche particolare giurisdizione. Ciò può dipendere da conflitti legati a vari motivi: in alcuni casi la controversia giurisdizionale si lega all'autodeterminazione nazionale di un popolo, come nel caso delle chiese ortodosse ucraine, di quella montenegrina e di quella delle macedonie, che non sono in comunione con le principali chiese ortodosse.
    Mentre il Protestantesimo generalmente fa affidamento sulla Bibbia come unica ed ultima autorità nel campo della dottrina (sola scriptura), l'Ortodossia in modo simile al Cattolicesimo si basa sulla Tradizione - un termine vasto che comprende la Bibbia, il Credo, le dottrine dei Sette Concili Ecumenici, gli scritti dei "Padri della Chiesa", le leggi Ortodosse (canoni), i libri liturgici, le icone, ecc.
    Per questo la Tradizione non è tanto e soltanto un insieme di testi e di norme, ma una vita che percorre e dà senso alla Chiesa, una vita testimoniata e visibile nei santi asceti, considerati per questo come l'incarnazione della perenne Tradizione e la verace espressione della Fede ortodossa. Questo aspetto peculiare all'Ortodossia sottolinea il valore esperienziale della Tradizione. Essa non è mai ritenuta una realtà morta o museale, dal momento che passa attraverso la vita di uomini cambiati dalla fede in Cristo trasmettitori, a loro volta, della novità e della freschezza della fede apostolica e patristica. Perciò è usuale pensare che non è l'uomo che deve cambiare la Tradizione ricevuta bensì è quest'ultima che deve cambiarlo.
    Nell'Ortodossia la Bibbia non viene sempre interpretata letteralmente. Nell'Ortodossia, i veri credenti accettano ciò che è scritto nella Bibbia, e non ne dubitano mai. Generalmente, però, la Bibbia viene letta non con il criterio individuale del singolo fedele (come avviene nel mondo protestante) ma con il criterio stabilito dalla esperienza della Chiesa che proviene, a sua volta, da quanto trasmesso dagli Apostoli nella Chiesa primitiva. Il fedele seguito dal padre spirituale deve quindi operare una maturazione interiore per potere assaporare pian piano i molteplici sensi della Scrittura e il significato che essa ha nella sua vita concreta. Questa maturazione interiore è molto più di una semplice istruzione intellettuale: consiste in un progressivo ingresso del fedele nella vita e nella esperienza della Chiesa, condotto per mano con prudenza e discernimento dal padre spirituale.
    I teologi e i Padri dell'Ortodossia orientale hanno usato nelle loro opere molte espressioni filosofiche greche, forse più di quanto è stato fatto in Occidente. Essi presero a prestito alcune categorie e il vocabolario del Neoplatonismo per spiegare la dottrina cristiana, ma lo fecero in modo tale da non contaminare con elementi filosofico-pagani il dato rivelato. Quando questo avveniva si era davanti ad una eresia. Per questo essi non hanno necessariamente accettato tutte le teorie ereditate dal passato. In seguito, alcuni filosofi neoplatonici non-cristiani, presero a loro volta in prestito parte del vocabolario dei teologi cristiani.
    In termini generali, la tradizione ortodossa rifiuta di esprimere la dottrina in termini "legalistici" e non concorda con chi si serve di questi termini per esprimere la pratica cristiana. Seguire le regole rigidamente, senza porre il cuore, non aiuta un credente ad entrare nel processo della sua salvezza ma lo trasforma, semmai, nel fariseo condannato da Cristo. Perciò il peccato non riguarda l'infrazione di un certo insieme di regole. Esso è, piuttosto, il nome dato a qualsiasi comportamento che "non coglie nel segno", ossia, che allontana il credente da Dio, invece di avvicinarlo.

    Perciò, nella tradizione ortodossa il peccato non è ritenuto come una macchia dell'anima che deve essere eliminata (concetto in cui l'uomo si chiude in se stesso contemplando solo l'immagine di sè), quanto, piuttosto, come una malattia che necessita di guarigione, una malattia che disturba il suo regolare rapporto con Dio finendo per isolarlo completamente nei suoi criteri egocentrici. Proprio come per le malattie del corpo, la peccaminosità umana necessita di attenzioni e concrete terapie individuali. Lo scopo ultimo di questo processo non è riconquistare il favore di Dio, quanto, piuttosto, rimettersi sulla strada che porta a Dio, riaccendere il contatto dell'uomo con Dio in vista di un suo infinito progresso spirituale in Dio
    Similmente alla chiesa Cattolica, per la Chiesa Ortodossa, un santo è tale quando gode di Dio in Paradiso, indipendentemente dal fatto che sia riconosciuto o meno sulla Terra. Secondo questa definizione Adamo ed Eva, Mosè, i vari profeti, martiri della fede, gli angeli e gli arcangeli, hanno tutti il titolo di Santo. Nella Chiesa ortodossa esiste un riconoscimento formale, detto "glorificazione", con il quale un santo viene riconosciuto dall'intera Chiesa. Non è però questo a "fare" un santo, ma semplicemente questo gli accorda un giorno nel calendario, in cui vengono celebrati dei servizi liturgici regolari in suo onore.

    Recentemente, allo scopo di evitare abusi, il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli ha iniziato a seguire la duratura pratica di altre chiese locali, emanando speciali lettere encicliche (tomoi) nelle quali la Chiesa riconosce la venerazione popolare di un santo. La glorificazione solitamente avviene dopo che i credenti hanno già iniziato a venerare un santo. Esistono numerose prassi di venerazione locale per innumerevoli santi che non sono ancora stati riconosciuti dall'intera Chiesa Ortodossa.

    Un forte elemento a favore della glorificazione è la percezione della condizione "miracolosa" dei resti mortali (reliquie), anche se questo da solo non è considerato sufficiente. In alcuni paesi ortodossi è prassi di rimuovere le tombe dopo tre o cinque anni, a causa dello spazio limitato. Le ossa vengono lavate rispettosamente e poste in un ossario, spesso con il nome della persona scritto sul cranio. Occasionalmente, quando un corpo viene esumato avviene qualcosa ritenuto miracoloso, che mostra la santità della persona. Sono avvenuti numerosi episodi in cui le ossa esumate avevano improvvisamente sprigionato una fragranza di bontà indescrivibile, come se fosse un profumo di fiori; e talvolta si dice che il corpo sia stato trovato incorrotto, nonostante non sia stato imbalsamato (tradizionalmente gli ortodossi non imbalsamano i morti) e sia stato sepolto per tre anni.

    Per gli ortodossi, corpo e anima compongono la persona, e alla fine, corpo e anima verranno ricomposti; quindi, il corpo di un santo condivide la santità dell'anima del santo. Anche il corpo è irradiato dalla grazia che ha santificato l'anima della persona ed è un veicolo di benedizione.

    Poiché la Chiesa Ortodossa non mostra reale distinzione tra i vivi e i morti, gli ortodossi trattano i santi come se fossero ancora tra noi. Essi li venerano e richiedono le loro preghiere, e considerandoli fratelli e sorelle in Gesù Cristo. I santi sono venerati e amati e viene loro richiesto di intercedere per la salvezza, ma non viene loro data la venerazione riservata a Dio, perché la loro santità deriva da Dio. Infatti, chiunque adori, invece che venerare, un santo, una reliquia o un'icona, verrà scomunicato. Come regola generale, solo il clero può toccare le reliquie, allo scopo di spostarle o portarle in processione, comunque, nella venerazione il fedele bacia le reliquie per mostrare amore e rispetto verso il santo e per essere da esse benedetto. Ogni altare in ogni chiesa ortodossa contiene reliquie, solitamente di martiri. Gli interni delle chiese sono ricoperti da icone di santi.
    La Chiesa Ortodossa non ha mai definito dogmaticamente il numero ufficiale dei sacramenti, ma in tempi recenti ha riconosciuto di fatto i sette sacramenti della Chiesa Cattolica, ai quali aggiunge altri riti come la tonsura monastica, la benedizione delle acque, la consacrazione delle icone.
    Nell'Ortodossia si crede che il Paradiso non è
    Fonti:
    una realtà statica. L'umanità sarà riportata alla perfezione, ma tale perfezione non è un fine ultimo in sé e per sé: il fine è l'unione con Dio. I tratti negativi che ora caratterizzano la natura umana spariranno, e l'uomo diverrà quanto era stato originalmente voluto. Dato che l'amore e la saggezza di Dio sono infiniti, la progressione costante verso una più profonda comprensione di tali amore e saggezza sono considerati come una benedizione celeste. Gli ortodossi credono pure che chi rifiuta l'amore e la misericordia divina, si pone in uno stato tale che l'esperienza della presenza divina verrà percepita come insopportabile e dolorosa. Questo è l'inferno il quale, però non è un luogo di assenza di Dio ma uno stato umano in cui Dio non è goduto ma patito. Per questo tutte le antiche rappresentazioni del Giudizio Universale in Occidente e quelle che ancora oggi si dipingono in Oriente presentano i dannati immersi in un fiume di fuoco che sgorga direttamente dal nimbo della gloria divina di Cristo. L'Ortodossia, fedele alla prassi antica, non crede ad un terzo stato come il Purgatorio, esposto solo molto tardivamente e solo in Occidente. Essa ritiene che, dopo la morte, l'uomo, nella sua ascesa a Dio, debba oltrepassare dei punti di blocco definiti come "stazioni di pedaggio". Nella sua salita verso Dio l'uomo incontra i "demoni dell'aria" ed è da loro provato, giudicato e tentato. Il giusto che ha vissuto santamente sulla terra attraversa velocemente queste prove senza alcun timore e terrore semplicemente perché, sulla terra, ha già superato vittoriosamente ogni tentazione che lo allontanava da Dio
     
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