Tema svolto: Droga

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    Vi elenco un paio di temi sulla droga


    Uno dei pericoli più gravi per un adolescente è rappresentato dall'assuefazione a qualche sostanza chimica che modifichi il suo stato di coscienza.
    La "droga", come si definisce in maniera inappropriata la tossicomania, costituisce, da alcuni decenni e da alcune generazioni, un problema per giovani, genitori, educatori, famiglie.
    Soltanto nel 2001, i morti per droga sono stati 822.

    Si tratta sovente di molecole, che provocano danni irreversibili al cervello e che generano dipendenze fisiche e psicologiche difficili da trattare; sostanze che, comunque, mettono a repentaglio gravemente la salute di chi ne fa uso.

    Per questo ci si interroga su quali siano le cause che inducono i giovani a fare uso di sostanze stupefacenti. Quali i meccanismi psicologici e le dinamiche culturali che determinano questo comportamento giovanile deviante.
    Intanto va notato che alcune sostanze capaci di modificare il nostro stato mentale, tossiche per l'organismo, vengono accettate dalla società: il tabacco, l'alcol e gli psicofarmaci in primo luogo.
    Ogni cultura riconosce le proprie droghe "legali", stigmatizzando l'assunzione di altre.
    Il fatto che l'uso di determinate sostanze sia legalizzato permette di procurarsele senza ricorrere a comportamenti "criminali" e, forse, una maggiore conoscenza consente di usarle in modo più maturo e cosciente.
    Quanto conti la conoscenza degli effetti negativi di una sostanza introdotta nel corpo umano lo dimostra il caso dell'eroina. Un tempo le overdose di eroina falcidiavano centinaia di giovani vite ogni anno. Poi gli eroinomani hanno imparato, coll'esperienza, ad usare l'eroina prendendo maggiori precauzioni (dosi maggiormente controllate, impiego di siringhe monouso), in modo da far diminuire sensibilmente negli ultimi anni, il numero di decessi collegati all'abuso di questa sostanza.

    Con questo non si intende certo sminuire i pericoli, gravissimi, collegati all'uso delle droghe, comprovati da numerosi e seri studi tossicologici e scientifici sull'argomento. Si vuole soltanto sottolineare come la conoscenza e l'informazione, approfondite, consentano di difendersi meglio.

    Ma perché i giovani si drogano?
    Intanto esiste quel fenomeno sociologico giovanile che si chiama "gruppo dei pari". Si tratta di quel gruppo amicale di coetanei, la cui importanza e la cui autorità stanno superando quelle dei genitori.
    Il gruppo ha delle sue rigide regole di funzionamento, un codice morale a volte estraneo se non antitetico al contesto sociale, che induce i singoli a uniformarsi pedissequamente a determinati comportamenti (scelta dell'abbigliamento, linguaggio, stile di vita, ecc.). Il conformismo, vissuto come timore di non essere accettati e approvati dal gruppo, può indurre l'adolescente ad adottare comportamenti disadattivi.

    La fine dell'autoritarismo, un certo permissivismo, la libertà di scelta, il relativismo culturale, aspetti del mondo contemporaneo tutt'altro che negativi, lasciano però spesso i giovani soli (o mal consigliati) di fronte alle scelte cruciali della propria esistenza. Sbagliare è facile; entrare in un tunnel da cui è arduo fare ritorno, altrettanto.
    Diventare "grandi" è sempre stato malagevole. La droga può costituire anche una apparentemente comoda via di fuga dalle responsabilità del mondo adulto, un ingannevole alibi per ritardare le scelte, le fatiche, gli impegni (ma anche le soddisfazioni), che l'esistenza di ogni adulto comporta.
    Il consumismo, la comunicazione che avviene ormai soltanto attraverso l'esibizione di oggetti, sembrano privare i giovani di un solida identità, basata sulla consapevolezza delle proprie qualità interiori.
    Il successo da conseguire ad ogni costo, a scuola, sul lavoro, in società, con la necessità di essere costantemente all'altezza, brillanti, socievoli, nell'epoca che esalta ed esige la performance, come ci insegnano i messaggi pubblicitari, porta giovani, e sempre più spesso anche adulti, ad aiutarsi con qualche sostanza chimica.
    L'eccessivo edonismo della nostra civiltà, la ricerca spasmodica di piaceri forti e immediati, a scapito della gioia, della felicità e della serenità che si possono ottenere sviluppando i propri talenti, mettono molti adolescenti sulla cattiva strada di una penosa, stordita e triste quotidianità.
    Inoltre l'abuso di droga rappresenta talvolta una delle forme, oscura, contorta e sbagliata, in cui si manifesta il conflitto generazionale, la rivolta contro il mondo dei valori abbracciati dai genitori.
    Una rivolta sterile e autodistruttiva, cui possono indulgere adolescenti altrimenti intelligenti e sensibili.

    Non ultimo esiste un business, gestito dalla criminalità organizzata, che preme per indurre certi comportamenti, perché con la droga realizza ingenti profitti.

    Per arginare il fenomeno droga e limitarne i danni, forse sarebbe necessario ripristinare quel dialogo generazionale, oggi interrotto, fra genitori e figli , privato però degli autoritarismi di epoche trascorse, che ancora affiorano, purtroppo, qua e là, fra le maglie di un produttivismo esasperato.
    Occorre recuperare, quindi, il valore del tempo da trascorrere insieme, nella dimensione di una comunicazione autentica, capace di critica nei confronti dei valori dominanti; un tempo e una comunicazione intrisi di tenerezza, di conoscenza reciproca, di ritrovata fisicità.
    Con la scuola, che deve abbandonare la faccia feroce, per diventare, per gli adolescenti, occasione emotivamente significativa di maturazione culturale, affettiva, civile.
    Con la società, che deve essere in grado di proporre ai giovani possibilità di autorealizzazione.

    Ed è necessaria, purtroppo, anche la repressione, per battere mafie e bande criminali e per tutelare la collettività dal comportamento di quei singoli che hanno deciso, mettendo in atto comportamenti sciocchi, violenti, pericolosi e delinquenziali, di muovere guerra alla società.










    Penso che un ragazzo si avvicini alla droga per molteplici motivi: voglia di provare nuove emozioni, desiderio di non essere escluso da una compagnia durante una serata in discoteca, difficoltà ad affrontare la realtà. Certo,anche le motivazioni sociologiche sono importanti. Più della metà dei drogati, secondo le statistiche, appartiene a famiglie in crisi: genitori separati, abitazione insufficiente, genitori violenti, ecc. In generale possiamo dire che nella droga si cerca qualcosa che ancora non si ha, cioè il drogato è una persona a cui manca qualcosa, anche semplicemente un po’ di amore. Purtroppo la sua famiglia, il suo ambiente, le persone che lo hanno incontrato non sono riusciti a comunicarglielo.

    Egli comincia così a criticare gli adulti che spesso, ed è vero, sono incoerenti o preoccupati solo dei soldi.

    Passa poi ad appartenere ad un gruppo di coetanei di cui far parte, identificandosi in esso.

    La droga allora può diventare simbolo di rifiuto della società adulta, usata come compenso e come strumento di cameratismo.

    Lo stato di euforia e di intontimento che si prova con l’assunzione di quelle sostanze non fa altro che amplificare quella sensazione di distacco da una realtà spiacevole.

    Molti, per fortuna, sono in grado di smettere da soli, senza progredire nell’assunzione di sostanze più pericolose. Altri invece non ce la fanno, causando problemi di salute a se stessi, e sociali a tutta la comunità, diventando a loro volta spacciatori o semplici emarginati.

    Certamente la migliore cura sarebbe la prevenzione. La famiglia e la scuola possono fare molto affinché il ragazzo non sia invogliato a provare.

    Per esempio vale la pena che i genitori passino più tempo insieme ai loro figli, mettendo in secondo piano il lavoro o altre preoccupazioni economiche.

    Gli insegnanti dovrebbero imparare a parlare di più con i loro studenti dei loro problemi e condividere parte della loro vita, almeno favorendo la loro gratificazione.

    Comunque, anche una volta che il meccanismo dell’assunzione è innescato, è possibile liberarsi dalla droga.

    Ci sono infatti moltissime comunità terapeutiche, associazioni ed enti pubblici pronti ad aiutare chi vuole uscire da questa situazione.

    Il problema, comunque è quello di evitare che il drogato, una volta disintossicato, torni a prendere quella sostanza, eliminando le cause che hanno portato a quel gesto. Mi sembra, a questo proposito, che le iniziative di inserimento in un lavoro, magari faticoso, ma gratificante, siano le più indicate per aiutarlo davvero a costruirsi una vita piena di impegno. Inoltre la presenza di preti ed educatori può aiutare a combattere il vuoto, la paura e la mancanza di ideali e a formare una personalità più solida.

    Accanto a questo, è necessario anche fare leggi ed operare per annientare il commercio della droga a tutti i livelli, dalle droghe cosiddette "leggere" fino a quelle "pesanti".

    Alcuni ritengono che solo la legalizzazione delle droghe leggere potrebbe ridurre le conseguenze drammatiche del vertiginoso sviluppo del traffico di stupefacenti.
    Può darsi che davvero possa cadere il prezzo della droga sul mercato internazionale e si ridurrebbero i reati e i soprusi associati al traffico di droga. Ma proviamo a chiedere cosa pensano di questa legalizzazione i ragazzi di una comunità terapeutica, la quasi totalità dei quali si è avvicinata alla droga grazie al classico spinello. Inoltre il grande traffico che produce migliaia di milioni di dollari all’anno è quello della cocaina, che non può certo essere considerata una droga leggera. Cosa dovremmo fare per scoraggiarne il traffico? Liberalizzare anche questa, o magari anche l’eroina? Vogliamo davvero che la flora della macchia mediterranea o della riviera ligure sia sostituita dalle coltivazioni di canapa indiana legalizzata? Si tratta di domande volutamente senza risposta, ad indicare semplicemente che bisogna rifuggire dalle facili soluzioni, ed andare invece alla radice del problema, per risolverlo.








    Un vero flagello per la salute è la droga. Le sostanze stupefacenti danno apparentemente forza, energia, vivacità e invece avvelenano il fisico, alterano la psiche, ossia il cervello e le attività intellettuali, e rendono l'uomo più debole e soggetto a malattie. La stessa parola «stupefacente» dice che queste sostanze danno sensazione di stupefazione, di intontimento, contemplazione passiva, cioè di falsificazione, mutamento, anche temporaneo, della persona e della realtà che la circonda. Particolarmente grave è diventato negli ultimi anni il flagello della droga.
    Gli esperti distinguono le droghe leggere, quali hascisc e marijuana, da quelle pesanti, quali cocaina ed eroina, ma tutte le droghe falsificano la personalità e sono nocive. Molti sostengono che anche droghe cosiddette «leggere» sono pericolose perché invitano a passare a quelle pesanti: certo è che se si comincia a soddisfare la propria curiosità con sostanze alienanti, presunte non dannose, è più probabile che la volontà indebolita si sposti su nuove richieste più pericolose. Le droghe pesanti uccidono non solo perché hanno già in sé poteri distruttivi per l'individuo, ma anche perché chi le vende le «taglia», cioè le mescola a sostanze meno costose che hanno lo scopo di aumentarne il peso senza mostrare l'inganno: cemento, talco, stricnina e arsenico. Lo spacciatore di droga è un assassino che premedita il suo delitto, quasi sempre contro la gioventù più debole, senza volontà, afflitta da problemi familiari e personali.
    Il drogato comincia con l'essere una povera vittima degli spacciatori. Per questo ha diritto alla comprensione, alla cura fisica e psicologica: spesso è solo una persona che ha bisogno di amore. Le statistiche ricordano che il 51 per cento degli intossicati appartiene a famiglie in crisi: genitori separati, abitazione insufficiente, genitori violenti, ecc. Ma spesso il drogato, per procurarsi la costosa sostanza stupefacente, si trasforma egli stesso in spacciatore o in violento. Per questo la migliore cura è la prevenzione. Particolarmente importante può essere in questo senso l'attenzione della scuola e della famiglia ai problemi dell'età evolutiva.
    In ogni caso, dalla droga ci si può affrancare. È ormai estesissima, per quanto insufficiente, la rete di persone, enti, comunità, pronte a dare una mano a chi vuole risolvere il proprio problema, che resta un problema umano e non chimico.
    La droga non è una causa, ma piuttosto un effetto, un rifugio, una fuga, qualche cosa in cui si cerca ciò che non si ha o non si trova. E il drogato, pur essendo una vittima, di se stesso, degli altri, di una situazione, non è un "malato". Considerandolo tale, si rischia di passarlo da una categoria di emarginazione (la droga) a un'altra (la malattia) con conseguenze forse peggiori. C'è, infatti, il pericolo di semplificare o, meglio, di semplicizzare, il problema droga: un malato basta curarlo e il problema è risolto; un drogato basta disintossicarlo e il problema non c'è più.
    Invece non è così. Per disintossicare un drogato possono bastare pochi giorni. Dopodiché, se non saranno eliminate le cause, che sono in lui, negli altri, nell'ambiente, nella società, il "drogato-malato" tornerà a drogarsi come prima. Se, infatti, la droga è la fuga dei deboli da situazioni di insoddisfazione, di vuoto, di paura, di mancanza di fede e di ideali, di delusione, non basta eliminare il rifugio (la droga), magari con una efficace azione contro i criminali spacciatori: bisogna eliminare contemporaneamente i motivi che inducono alla fuga e ricostruire nell'individuo una personalità più forte e cosciente. Ecco perché la lotta contro la droga, definita così, è un concetto insufficiente. Bisogna parlare di azione politica contro ciò che porta alla droga. E bisogna realizzarla su tre piani:

    1. stroncare il commercio criminale della droga a tutti i livelli, dalle droghe "leggere", che conducono a quelle "pesanti", sino a queste ultime;
    2. compiere un'azione educativa e formativa sui drogati da recuperare e soprattutto sulle potenziali vittime della droga, che sono i giovani in genere e, in particolare, quelli più deboli per condizione sociale, per effetti ambientali, per esposizione al rischio, ecc.;
    3. arrivare alla eliminazione delle cause che inducono i giovani a drogarsi: cominciando dal restituire credibilità a tutte le strutture della società, dal fornire ai giovani ciò che essi chiedono e non trovano, nella famiglia innanzitutto, poi nella scuola, nelle associazioni di tutti i tipi, nel fornire loro le occasioni per un impegno ideale, politico, religioso, culturale, civile.
    In definitiva, contribuendo a formare per i giovani un "ambiente" adatto in cui ciascuno si trovi a suo agio con sé e con gli altri e possa esprimersi senza bisogno o tentazioni di ricorrere a quel "surrogato di vita" che è la droga.
    Ma ricordiamoci che le "droghe" sono tante: può essere droga il cinema, la musica, la pornografia, il fumo e via dicendo. Quindi per salvare chi si droga sono necessarie non solo leggi che colpiscano più lo spacciatore che il drogato, ma anche un impegno maggiore da parte della famiglia, della scuola, dei medici e anche dei giovani stessi che hanno la forza di trascinare i loro coetanei e di far nascere nuovi ideali. I giovani si stanno impoverendo, infatti, sempre più di ideali e di energie. Il loro atteggiamento, spesso, si limita ad una critica ostile e inerte nei confronti della generazione adulta, accusata di portare avanti falsi valori, incoerenza di vita, esclusive preoccupazioni di guadagno, insensibilità alle ingiustizie. In queste condizioni di disgusto, forse dopo aver cercato dialogo e risposte nell'ambito familiare, hanno scelto la fuga ed il disimpegno da tutto, hanno cercato gruppi a cui appartenere ed in cui identificarsi. È qui dove facilmente si incontrano con la droga eretta a simbolo di rifiuto, usata come compenso e come strumento di cameratismo. La droga è però una scelta di contestazione senza frutti, perché anche se la società è oppressiva e la vita piena di difficoltà piccole e grandi, tentare di superarle con la droga è stupido perché essa diminuisce le nostre possibilità e le difficoltà rimangono: si superano con la volontà e l'intelligenza intatte. Alcuni ritengono che solo la legalizzazione delle droghe potrebbe ridurre le conseguenze drammatiche del vertiginoso sviluppo del traffico di stupefacenti.
    È risaputo che il narcotraffico muove ogni anno più denaro del petrolio, con cifre da capogiro che si aggirano sui 500 mila miliardi di lire. La droga più trafficata è senza dubbio la cocaina, la "regina delle droghe": ogni anno vengono immesse sul mercato degli stupefacenti ben 750 tonnellate di polvere bianca proveniente dal Sudamerica. Sono in molti a considerare ormai persa la guerra della droga. Nonostante le campagne di eradicazione, l'impiego di uomini specializzati e di mezzi tecnici sofisticati, quali elicotteri o satelliti-spia, la piaga del narcotraffico si estende sempre più e rischia di strangolare con una stretta mortale tanto le società dei Paesi produttori quanto le società delle nazioni ricche del Nord del mondo, a cui appartiene la maggioranza dei consumatori delle sostanze stupefacenti. Tale pessimistica constatazione deriva dal fatto che fino ad oggi la lotta alla droga non è riuscita, o non ha voluto, colpire le vere cause che hanno portato al fenomeno del narcotraffico. Quando, ad esempio, si constata che la produzione peruviana di cloridrato di cocaina, collocata sul mercato statunitense vale più di 80 mila milioni di dollari, mentre sono solo 6 i milioni di dollari che il governo USA stanzia per distruggere le coltivazioni di coca del Perù, significa che il narcotraffico fa comodo a molte persone e quindi sarà praticamente impossibile sconfiggerlo. Il problema fondamentale che sempre ritorna è quello della offerta-domanda: i paesi del Sud del mondo producono droghe perché esiste una crescente richiesta di sostanze stupefacenti da parte dei paesi del Nord; spesso i primi sono costretti al ruolo di produttori di droga a causa delle politiche economiche ingiuste messe in atto dai secondi e dagli organismi finanziari internazionali, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, che i paesi ricchi controllano. Ecco allora l'inutilità di azioni repressive che colpiscono solo i piccoli coltivatori di coca e lasciano intatto il nòcciolo del problema: agire in questo modo sarebbe come chiedere all'Italia di distruggere i propri vigneti perché il vino causa migliaia di vittime per alcolismo. A più voci i paesi latino-americani chiedono la depenalizzazione del consumo di droghe o l'uso delle stesse sotto un severo controllo dello Stato; il rafforzamento della prevenzione e il miglioramento delle condizioni di vita dei contadini che producono coca; l'incremento della lotta contro il narcotraffico internazionale, colpendo la criminalità che l'accompagna soprattutto nei suoi interessi finanziari.
    Alcuni, dinanzi alle conseguenze drammatiche del vertiginoso sviluppo del traffico di stupefacenti, ritengono che l'unico modo di risolvere il problema della droga è legalizzarne la produzione, provocando così la caduta del prezzo della coca e, di conseguenza, la diminuzione degli effetti del narcotraffico, che sono violenza, avidità di ricchezza e corruzione. La legalizzazione delle sostanze stupefacenti avrebbe come effetto una forte riduzione dei crimini e della violenza associati al traffico di droga. A queste condizioni, e soprattutto con l'appoggio alle popolazioni che sono costrette a coltivare la coca per sfuggire ad una vita insicura e senza speranza, la battaglia della droga potrà, secondo alcuni, essere combattuta con qualche speranza di vittoria.
     
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